Griselda, Venezia, Niccolini, 1701

 ATTO PRIMO
 
 Gabinetto reale.
 
 SCENA PRIMA
 
 GUALTIERO e popoli
 
 GUALTIERO
 Questo, o popoli, è ’l giorno, in cui le leggi
 da voi prende il re vostro. A voi fa sdegno
 veder ch’empia ’l mio letto
 donna tratta da’ boschi,
5donna avvezza a trattar rustica vanga.
 Tal Griselda a me piacque;
 tal la sdegnaste. Alfine
 miro lei co’ vostr’occhi.
 Decretato è ’l ripudio; e voi ne siate
10giudici e spettatori. Orché la rendo
 a le natie sue selve,
 col vostro amor quel del mio core emendo.
 
 SCENA II
 
 GRISELDA e detti
 
 GRISELDA
 Eccoti, sire, innanzi
 l’umil tua serva.
 GUALTIERO
                                 È grave
15l’affar per cui sul primo albor del giorno
 qui ti attende Gualtier.
 GRISELDA
                                             Tutta quest’alma
 pende da’ labbri tuoi.
 GUALTIERO
 Siedi. (Si assidono)
 GRISELDA
                Ubbidisco.
 GUALTIERO
                                      Il ripeter ci giovi
 gli andati eventi. Dimmi
20qual io fui, qual tu fosti.
 GRISELDA
 (Alto principio!) In vil tugurio i’ nacqui,
 tu fra gli ostri reali.
 GUALTIERO
                                      Era il tuo ’ncarco?
 GRISELDA
 Pascer gli armenti.
 GUALTIERO
                                     Il mio?
 GRISELDA
                                                     Dar leggi al mondo.
 GUALTIERO
 Come al soglio salisti?
 GRISELDA
25Tua bontà fu, cui piacque
 sollevarmi dal pondo
 de la mia povertà vile ed abietta.
 GUALTIERO
 Così al regno ti ammisi?
 GRISELDA
                                               E fui tua serva.
 GUALTIERO
 Tal ti accolsi nel letto?
 GRISELDA
                                           Ed io nel core.
 GUALTIERO
30(Meritar men d’un regno
 non dovea tanta fede e tanto amore).
 Prole avemmo?
 GRISELDA
                                Una figlia.
 GUALTIERO
                                                      E tolta questa
 ti venne da la cuna?
 GRISELDA
 E più non n’ebbi, o dio! notizia alcuna.
 GUALTIERO
35Quant’ha?
 GRISELDA
                       Quindici volte
 compié d’alor l’annua carriera il sole.
 GUALTIERO
 Ti affligesti?
 GRISELDA
                          Fu legge
 al mio duolo un tuo cenno.
 GUALTIERO
                                                   Io fui per essa
 e carnefice e padre.
 GRISELDA
                                       Era tuo sangue
40e versar lo potevi a tuo piacere
 GUALTIERO
 E m’ami anche crudel?
 GRISELDA
                                             Meno amar io
 non ti potrei, se ancor versassi il mio.
 GUALTIERO
 Alfin?
 GRISELDA
               Nacque Everardo,
 unica tua delizia.
 GUALTIERO
                                  In sì gran tempo
45ti spiacqui? Ti oltraggiai?
 GRISELDA
                                                 Grazie sol n’ebbi.
 GUALTIERO
 Di quanto feci, io non mi pento. Il cielo
 testimonio mi sia; ma pur conviene
 che i miei doni ritratti. Il re talvolta
 dee servire a’ vassalli e seco stesso,
50per serbarne il dominio, esser tiranno.
 GRISELDA
 Dove tu imperi, ogni ragion condanno.
 GUALTIERO
 La Sicilia, ov’io regno,
 ubbidirmi ricusa. Ella mi sgrida
 che i talami reali abbia avviliti
55co’ sponsai di Griselda; e non attende
 da’ boschi, ove se’ nata, il suo monarca.
 A chiamar m’ha costretto
 sposa di regio sangue al trono e al letto.
 GRISELDA
 La provincia vassalla
60tanti lustri soffrì me per regina;
 ed or sol mi ributta?
 GUALTIERO
                                        Ella è gran tempo
 che ricalcitra al giogo. Io già svenai
 di stato a la ragion l’amata figlia.
 Gli odi alquanto sopì ma non estinse.
65Orché nacque Everardo, impaziente
 torna a l’ire e m’insulta.
 GRISELDA
 S’Everardo sol rompe
 sì bei nodi d’amor, dunque Everardo...
 Ah no... Griselda mora. (Si leva)
70Son moglie, è ver, ma sono madre ancora.
 GUALTIERO
 Moglie più non mi sei. (Levandosi)
 GRISELDA
 Mi condona, o mio re, se troppo chiesi
 e se troppo tardai
 forse a renderti un nome a me sì caro.
75Il tuo voler dovea
 esser norma al mio affetto. Ecco mi spoglio
 il diadema e lo scettro e a quella destra,
 che mel cinse e mel diede,
 riverente il ritorno. (Dà a Gualtiero la corona e lo scettro che, prendendoli, fa deporli ad uno de’ suoi sopra d’un tavolino)
 GUALTIERO
                                       (Alma, resisti).
 GRISELDA
80Se ti piaccio in tal guisa,
 ne le perdite ancor trovo gli acquisti.
 
    Fa’ di me ciò che ti piace
 e contenta anch’io sarò.
 
    Questo core e questa vita,
85perché è tua, sol m’è gradita;
 a un tuo cenno ella soggiace;
 quando vuoi, morir saprò.
 
 SCENA III
 
 ELPINO e li suddetti
 
 ELPINO
 Presto, signore.
 GUALTIERO
                               Elpino.
 ELPINO
 Or al porto... (Veduta Griselda ammutisce)
 GRISELDA
                           Che fia?
 ELPINO
90Ahimè! Qui la regina?
 GUALTIERO
                                            E bene, al porto...
 ELPINO
 Se mi sente Griselda, Elpino è morto. (Piano al re)
 GUALTIERO
 Parla; né dubitar.
 ELPINO
                                   Giunta è la sposa.
 GUALTIERO
 Giunta è la regia sposa? Addio, Griselda.
 GRISELDA
 Così tosto mi lasci.
 GUALTIERO
                                     Atteso io sono. (Senza più riguardarla)
 GRISELDA
95Almeno un solo sguardo
 volgimi per pietà.
 GUALTIERO
                                    Troppo mi chiedi.
 GRISELDA
 Dunque, Gualtiero, addio.
 ELPINO
 Se ti lascia Gualtier, ti lascio anch’io. (Fingendo partirsi, torna poscia a Griselda)
 GUALTIERO
 
    Vado a mirare un volto,
100vado a baciare un labbro,
 per vezzo più gentile,
 più vago per beltà.
 
    Per te già ’l cor disciolto,
 ama in prigion non vile
105perder la libertà.
 
 SCENA IV
 
 GRISELDA
 
 GRISELDA
 Ecco il tempo, in cui l’alma
 dia saggio di sé stessa. Ostri reali
 vestì già senza fasto; e al primo nulla
 torni senza viltà. Sol può Gualtiero
110vincer la mia costanza.
 Col tormi un sì gran bene
 del mio coraggio in onta,
 mie sciagure, imparate ad esser pene.
 
    Senza cor chi vincerà?
115Sia pur meco il ciel sdegnoso,
 l’alma mia resisterà;
 
    ma se perdo il caro sposo,
 ho timor che non potrà.
 
 SCENA V
 
 OTONE e GRISELDA
 
 OTONE
 Regina, se più badi,
120più regina non sei.
 GRISELDA
 (Costui quanto è importun!)
 OTONE
                                                       Su le tue chiome
 la corona vacilla.
 A serbartela Otone è sol bastante,
 fido vassallo e cavaliere amante.
 GRISELDA
125Chi mi toglie il diadema
 mi ritoglie un suo don. Se perde il capo
 l’insegne di regina, a me, lascivo,
 resta il cor di Griselda.
 OTONE
 E soffrir puoi ch’altra ti usurpi un fregio
130che a te sola convien?
 GRISELDA
                                          Fregio che basta
 è l’innocenza a l’alma.
 OTONE
                                           Io, se lo imponi,
 anche in braccio a Gualtiero
 svenerò chi ti toglie
 il nome di regina e quel di moglie.
 GRISELDA
135Iniquo, e lo potresti? E tal mi credi?
 OTONE
 Pensa che in un rifiuto
 perdi troppo.
 GRISELDA
                            Che perdo?
 OTONE
 Regno.
 GRISELDA
                Che mio non era.
 OTONE
 Grandezze.
 GRISELDA
                        Oggetto vile.
 OTONE
140Sposo.
 GRISELDA
                Che meco resta,
 lontano ancor, ne l’alma mia scolpito.
 OTONE
 Un tuo sguardo, Griselda,
 dà tempre a questo ferro; ed un suo colpo
 troncherà i tuoi perigli; e tu nol curi?
 GRISELDA
145Col prezzo de la colpa
 grandezza non si ottien, si ottien ruina.
 Sinché ’l senso è vassallo, io son regina.
 
    Ne la crudel mia sorte
 non ti lusinghi il cor
150vana speranza.
 
    Più stabile e più forte
 vedrai del suo rigor
 la mia costanza.
 
 SCENA VI
 
 OTONE
 
 OTONE
 Troppo avvezza è Griselda
155tra le porpore al fasto; la corona
 adito non le lascia a’ miei sospiri.
 Ma forse col diadema
 deporrà la fierezza;
 e lontana dal soglio
160avrà forse pietà del mio cordoglio.
 Con sì bella speranza, io primo a l’ire
 mossi la facil plebe;
 fei parerle che indegna
 fosse troppo Griselda
165di dar figli a Gualtiero, eredi al trono.
 Tal, crudel per amore, empio per fede,
 piango colei ch’io solo
 misera feci; e ’l frutto
 de’ mali suoi nel suo possesso attendo.
170Perdonami, o Griselda.
 Non ti posso acquistar se non ti offendo.
 
    Chi regina mi disprezza
 pastorella mi amerà.
 
    Le dà fasto la grandezza.
175Gentilezza
 potrà darle la viltà.
 
 Porto di città con navi in lontano.
 
 SCENA VII
 
 CORRADO, ROBERTO e COSTANZA
 
 CORRADO
 Germani e ben entrambi,
 un di affetto, un di sangue,
 dirò germani miei, cari egualmente,
180qui per brev’ora m’attendete. Io deggio
 gire incontro a Gualtiero, al regio sposo.
 ROBERTO
 (O nome che mi uccide!)
 COSTANZA
                                                (O dì penoso!)
 CORRADO
 
    Al tuo destin, più grato (A Costanza)
 mostra nel volto il cor.
 
185   Oggi per tuo contento
 beni dispensa il fato,
 gioie prepara amor.
 
 SCENA VIII
 
 ROBERTO e COSTANZA
 
 ROBERTO
 Costanza, eccoti in porto.
 Questa che premi è la Sicilia; e quella
190è l’alta reggia, ove Gualtiero attende
 leggi dal ciglio tuo per darle al mondo.
 COSTANZA
 Ah Roberto, Roberto.
 ROBERTO
 Tu sospiri? Ed accogli
 mesta le tue grandezze?
 COSTANZA
                                              Io mi torrei
195più volentier viver privata e lunge
 da quella reggia, a me di gioie avara,
 purch’io di te, tu di me fossi.
 ROBERTO
                                                       O cara.
 COSTANZA
 
    Un sol de’ tuoi sguardi
 val ogni grandezza.
 
200   Nel dirti: «D’affetto
 mi struggo e tu m’ardi»
 ho tutto il diletto
 che l’alma più apprezza.
 
 ROBERTO
 Ah! Che un sol lampo appena
205de l’aureo scettro e del reale ammanto
 ti verrà a balenar sulle pupille,
 che ti parrà a quel lume
 vile l’amor che per me t’arde; e cinta
 di corona le chiome,
210accostarti a l’udito
 non lascerai pur di Roberto il nome.
 COSTANZA
 Poco, incredulo, poco
 il mio cor tu conosci
 e pur tutto il possiedi. Al cielo, a’ numi
215giuro che più...
 ROBERTO
                               Deh taci.
 Col grado cangerai sensi e costumi.
 COSTANZA
 Andiam ora, se ’l vuoi,
 dove meno è di rischio e più di pace.
 Verrò, se pur ti piace...
 ROBERTO
220No no, regna nel mondo
 come su l’alma mia. Sì vil non sono
 che a discender dal trono io ti esortassi.
 Non ti amerei, se a prezzo tal ti amassi.
 COSTANZA
 Pensa che, giunta al regno e altrui consorte,
225mi vieteran l’amarti,
 per tuo, per mio gastigo, onore e fede.
 ROBERTO
 Lo so; ma pur disio
 più la grandezza tua che ’l piacer mio.
 COSTANZA
 Poscia invan ti dorrai.
 ROBERTO
                                           La tua beltade,
230ch’amo ancor né più spero,
 più che degna di me, degna è d’impero.
 
    Gioirò, goderò,
 purché ti miri in soglio.
 
 COSTANZA
 
    Vorrai pregarmi
235ch’io non ti udrò.
 
    Vorrai sgridarmi
 ch’io riderò;
 e avrò contento
 del tuo cordoglio.
 
 SCENA IX
 
 GUALTIERO, CORRADO, ELPINO e detti
 
 GUALTIERO
240L’arcano in te racchiudi. (A Corrado)
 CORRADO
 È mia cura ubbidir. (A Gualtiero)
 GUALTIERO
                                        Bella Costanza.
 COSTANZA
 Gran re.
 GUALTIERO
                   Qual mai ti stringo? E qual nel core
 mi nasce in abbracciarti
 tenerezza e piacer, figli d’amore?
 COSTANZA
245Signor, da tua bontà l’alma sorpresa
 tace; e i timidi affetti,
 più che ’l mio labbro, il suo tacer palesa.
 ROBERTO
 (Soffri, o misero cor).
 COSTANZA
                                          (Mesto è ’l germano).
 ELPINO
 Lascia che anch’io, regina,
250la man ti baci.
 GUALTIERO
                             È questi
 il fido servo Elpin.
 COSTANZA
                                     Mi sarai caro.
 GUALTIERO
 Ommai vien meco a parte
 di quello scettro e di quegli ostri, o bella,
 che in benefico influsso
255già riserbaro al tuo natal le stelle.
 Tu pur verrai, Roberto,
 o di ceppo real germe ben degno.
 Oggi da voi riceva
 ornamento la reggia e gioia il regno.
 ROBERTO
260Gran re, troppo mi onori.
 GUALTIERO
 Elpin.
 ELPINO
               Signor.
 GUALTIERO
                               Fa’ che Griselda affretti
 fuor della reggia il piè.
 ELPINO
                                            Corro veloce. (Parte)
 GUALTIERO
 Andiam; più non s’indugi, idolo mio.
 COSTANZA
 Seguo il tuo piè. (A Gualtiero) Prence. (A Roberto che se le accosta)
 ROBERTO
                                                                        Regina.
 A DUE
                                                                                         Addio. (Gualtiero, volgendosi improvviso a Costanza, la vede mesta e nel partire si ferma)
 GUALTIERO
 
265   Vago sei , volto amoroso;
 ma ti afflige un non so che.
 
    Dillo a me per tuo riposo;
 quell’affanno e che cos’è?
 
 COSTANZA
 
    Sento anch’io nel mio contento
270che mi afflige un non so che.
 
    S’io nol so, che pur lo sento,
 chi può dir che cosa egli è?
 
 SCENA X
 
 ROBERTO e CORRADO
 
 ROBERTO
 German, se avevi a tormi
 l’amabile Costanza,
275perché fin da’ prim’anni
 non mi vietar d’amarla?
 Perché adular la mia speranza? I miei
 voti perché tradir?
 CORRADO
                                     Regge, o germano,
 gli umani casi il ciel. Soffri più forte
280l’alto voler né ti attristar cotanto.
 Sovente ei si compiace
 farci a un vero gioir strada col pianto.
 ROBERTO
 Costanza era già ’l solo
 diletto de’ miei giorni. Io l’ho perduta.
285Altro ben non mi resta e non mi lice
 sperarlo più.
 CORRADO
                           Roberto,
 pria che termini il dì, sarai felice.
 
    Le vicende de la sorte
 sono istabili ed infide.
 
290   Alma saggia e cor ch’è forte
 non disperi alor che piange,
 non si gonfi alor che ride.
 
 SCENA XI
 
 ROBERTO
 
 ROBERTO
 Quai lusinghe! Sì chiara
 è la perdita mia che ’l dubitarne
295sarebbe inganno. Al regio sguardo, ahi, troppo
 piacque la mia Costanza.
 Ed a chi mai non piaceria quel volto?
 Sol per mio mal le stelle,
 o pupille adorate,
300fecer me così amante e voi sì belle.
 
    È troppo bel quel volto
 per non doverlo amar.
 
    Amor negli occhi accolto
 vi fa del guardo un fulmine
305per arder e piagar.
 
 Cortile interno alla reggia.
 
 SCENA XII
 
 GRISELDA in abito pastorale ed ELPINO
 
 ELPINO
 Parti. Ecco il re, Griselda.
 Affretta il passo.
 GRISELDA
                                 Elpino,
 vuol ch’io parta Gualtier, senza che ’l miri?
 ELPINO
 Tanto egl’impon.
 GRISELDA
                                  Senz’alma
310chi può partir?
 ELPINO
                               Deh, tosto...
 GRISELDA
 No no, qui ancor l’attendo; e tu, se nulla
 ti muovono a pietà le mie sciagure...
 ELPINO
 Che far potrei?
 GRISELDA
                               Recami il figlio, ond’io
 ne l’ultimo congedo, in tanto duolo
315possa imprimer almeno
 su quel tenero labbro un bacio solo.
 ELPINO
 (Mi fa pietà). Per compiacerti io volo.
 
 SCENA XIII
 
 GRISELDA e GUALTIERO che viene vagheggiando un ritratto
 
 GUALTIERO
 
    (Quanto vago è quel sembiante
 che mi accende e m’innamora!)
 
 GRISELDA
 
320   (Ma più fida e più costante
 è quest’alma che ti adora).
 
 GUALTIERO
 Ne la reggia tu ancora,
 Griselda? E non partisti?
 GRISELDA
 Parto, amato mio re, poiché mi è tolto
325dirti «amato mio sposo».
 Già ritorno a le selve. Eccomi ancora
 in quel rustico ammanto, in cui ti piacqui.
 GUALTIERO
 (Adorate sembianze).
 GRISELDA
 Tal mi presento a te, non perché speri
330più di piacerti ancor. Fu, se mi amasti,
 tua bontà, non mio merto.
 Vengo sol da quegli occhi,
 sì, da quegli occhi ond’ardo,
 a ricever l’estremo,
335sia pietoso o crudel, sempre tuo sguardo.
 GUALTIERO
 Che? Di te mi favelli! Ed io credea
 che la nuova mia sposa
 ti occupasse il pensier. La vidi, o quanto
 bella e gentil! Tu stessa
340l’ameresti, o Griselda.
 GRISELDA
                                           E l’amo anch’io. (Gualtiero torna a mirare il ritratto)
 Ciò che piace al tuo affetto è caro al mio.
 GUALTIERO
 Nel suo ritratto appunto
 vagheggio il dardo, onde trafitto ho ’l core.
 GRISELDA
 La tua gioia è conforto al mio dolore.
 GUALTIERO
345Vedi s’io mento. (Dandole il ritratto)
 GRISELDA
                                  O numi! (Lo mira attenta)
 Quai sembianze! Qual volto!
 GUALTIERO
 Che ti sembra?
 GRISELDA
                               Ah, signore,
 ne’ suoi lumi ha i tuoi lumi,
 ne la sua la tua fronte; e in lei ravviso,
350solo alquanto men crudo, il tuo bel viso.
 GUALTIERO
 È bella?
 GRISELDA
                  È di te degna.
 GUALTIERO
 Godrò seco felice. (Togliendole di mano il ritratto)
 GRISELDA
                                    Il ciel ti dia
 lunga età, fausto regno.
 De’ tuoi figli i nipoti
355ti vezzeggino intorno; e appena in tanta
 serie d’alte fortune,
 ti sovvenga talvolta
 de la misera tua fedel Griselda.
 Ella torna a’ suoi boschi,
360onde trarla a te piacque, e sol vi reca
 un rifiuto di morte, un cor senz’alma.
 GUALTIERO
 Altro dirai?
 GRISELDA
                         Che serbi
 la pietà, che a me nieghi,
 per l’innocente figlio; e in lui perdoni
365al tuo, non al mio sangue.
 GUALTIERO
 Non più.
 GRISELDA
                    Parto, mio sire.
 Lunge dal caro oggetto
 troppo qui ti rattenni.
 La forza, che a te fai, ti leggo in volto.
 GUALTIERO
370Torna a’ boschi e ti affretta.
 (Ceder mi converrà, se più l’ascolto).
 
 SCENA XIV
 
 GRISELDA, ELPINO con EVERARDO. Poi OTONE nascosto
 
 ELPINO
 Qual chiedesti, ecco il figlio.
 Tel concedo un momento.
 Temo usarti pietà con mio periglio. (Elpino si ritira. Otone a parte lo afferra e li parla all’orecchio)
 GRISELDA
375Everardo, o soave
 frutto de l’amor mio,
 in te già di quest’alma
 bacio una parte, bacio
 l’immagine adorata
380del mio Gualtiero; e in un sol bacio sento
 rallentarsi il rigor del mio tormento.
 OTONE
 Ciò che imposi eseguisci. (A parte ad Elpino)
 GRISELDA
 Labbro vezzoso e caro.
 OTONE
                                           A me, Griselda, (Corre a prenderle di mano il fanciullo)
 lascia...
 GRISELDA
                 Ancora un momento.
 OTONE
385Non posso.
 GRISELDA
                       Aimè! Di vita
 toglimi ancor. (Elpino guarda Otone)
 OTONE
                              Che più dimori? (Ad Elpino minacciandolo)
 ELPINO
                                                               Invano. (Le toglie affatto il fanciullo)
 GRISELDA
 Chi è di cor sì spietato
 che nieghi ad una madre un dolce amplesso?
 ELPINO
 Tel dica Otone. (Mostrandole Otone che si avanza)
 OTONE
                                Il tuo Gualtiero istesso.
 GRISELDA
390Da labbro più odioso
 giugner non mi potea nome più caro.
 OTONE
 Io pietoso tel lascio.
 GRISELDA
 Ricuso il dono.
 OTONE
                              Ingrata.
 GRISELDA
                                               Ecco veloce,
 per non soffrir tuoi sguardi,
395a la fatal partenza il cor si appresta.
 (Mio Gualtier, ti ubbidisco).
 OTONE
                                                      Odi; ti arresta.
 GRISELDA
 
    So che vuoi parlar d’amore;
 né al mio core
 sa piacer la tua favella.
 
400   Non dar luogo a la speranza,
 così vuol la mia costanza
 e ’l tenor de la tua stella.
 
 SCENA XV
 
 OTONE ed ELPINO con EVERARDO.
 
 OTONE
 Non giovan le lusinghe;
 gioveran le minacce. Elpin.
 ELPINO
                                                    Signore.
 OTONE
405Sino ad altro mio cenno
 custodisci il fanciullo. A me già diede
 Gualtier gli ordini suoi.
 ELPINO
                                              Sai la mia fede. (Parte col fanciullo)
 OTONE
 Altra via con costei
 s’ha da tentar, cor mio. Già la disegno.
410Ciò che non può l’amor, vinca l’ingegno.
 
    Farò quanto potrò,
 per addolcirti un dì,
 beltà tiranna.
 
    Un cor, che viva in pene,
415è fabbro del suo bene,
 alor che inganna.
 
 Il fine dell’atto primo